domenica 19 maggio 2013

Celestino V

Di origini contadine, penultimo di dodici figli, è certo che Pietro da Morrone nacque tra il 1209 e il 1215 (la fonte più accreditata è la cosiddetta Vita C che racconta che aveva 87 anni al momento della morte avvenuta il 19 maggio 1296 e ciò vorrebbe dire, come dicono altre fonti, che sarebbe nato nel 1209) in Molise. La sua nascita è tradizionalmente rivendicata da due comuni: Isernia e Sant'Angelo Limosano (dei quali è patrono). In seguito altre due località ne hanno anch'esse rivendicato i natali: Sant'Angelo in Grotte (frazione di Santa Maria del Molise) e Castrum Sancti Angeli de Ravecanina, nel casertano. Da giovane, per un breve periodo, soggiornò presso il monastero benedettino di Santa Maria in Faifoli, chiesa abbaziale che, tra le dodici della diocesi di Benevento, era una delle più importanti. Mostrò una straordinaria predisposizione all'ascetismo e alla solitudine, ritirandosi nel 1239 in una caverna isolata sul Monte Morrone, sopra Sulmona, da cui il suo nome. Qualche anno dopo si trasferì a Roma, presumibilmente presso il Laterano, ove studiò fino a prendere i voti sacerdotali. Lasciata Roma, nel 1241 ritornò sul monte Morrone, in un'altra grotta, presso la piccola chiesa di Santa Maria di Segezzano. Cinque anni dopo abbandonò anche questa grotta per rifugiarsi in un luogo ancora più inaccessibile sui monti della Maiella, negli Abruzzi, dove visse nella maniera più semplice che gli fosse possibile. Si era allontanato temporaneamente dal suo eremitaggio del Morrone nel 1244 per costituire una Congregazione ecclesiastica riconosciuta da papa Gregorio X come ramo dei benedettini, denominata "dei frati di Pietro da Morrone", che ebbe la sua povera culla nell'Eremo di Sant'Onofrio al Morrone, il rifugio preferito di Pietro, e che soltanto in seguito avrebbe preso il nome di Celestini. Nell'inverno del 1273 si recò a piedi in Francia, a Lione, ove stavano per iniziare i lavori del Concilio di Lione II voluto da Gregorio X, per impedire che l'ordine monastico da lui stesso fondato fosse soppresso. La missione ebbe successo poiché grande era la fama di santità che accompagnava il monaco eremita, tanto che il Papa gli chiese di celebrare una messa davanti a tutti i Padri Conciliari dicendogli che «...nessuno ne era più degno». I successivi vent'anni videro la radicalizzazione della sua vocazione ascetica e il suo distaccarsi sempre più da tutti i contatti con il mondo esterno, fino a quando non fu convinto che stesse sul punto di lasciare la vita terrena per ritornare a Dio. Ma un fatto del tutto inaspettato stava per accadere. Papa Niccolò IV morì il 4 aprile 1292; nello stesso mese si riunì il conclave, che in quel momento era composto da soli dodici porporati.Numerose furono le riunioni dei padri cardinali nell'Urbe, ma sempre tenute in sedi diverse: a Santa Maria sopra Minerva, a Santa Maria Maggiore e sull'Aventino presso il monastero di Santa Sabina. Nonostante ciò, il Sacro Collegio non riusciva a far convergere i voti necessari su nessun candidato. Sopravvenne un'epidemia di peste che indusse allo scioglimento del Conclave. Nel corso dell'epidemia il cardinal francese Cholet fu colpito dal morbo e morì, per cui il Collegio cardinalizio si ridusse ad 11 componenti. Passò più di un anno prima che il Conclave potesse nuovamente riunirsi, perché un profondo disaccordo si era creato circa la sede in cui convocarlo (Roma o Rieti). Finalmente si riuscì a trovare una soluzione sufficientemente condivisa, stabilendo la nuova sede nella città di Perugia; era il 18 ottobre 1293. I porporati però, nonostante le laboriose trattative, non riuscivano ad eleggere il nuovo Papa. Si giunse così alla fine del mese di marzo del 1294 nel frattempo, Pietro del Morrone aveva predetto "gravi castighi" alla Chiesa se questa non avesse provveduto a scegliere subito il proprio pastore. La profezia fu inviata al Cardinale Decano Latino Malabranca, il quale la presentò all'attenzione degli altri cardinali, proponendo il monaco eremita come Pontefice; la sua figura ascetica, mistica e religiosissima, era nota a tutti i regnanti d'Europa e tutti parlavano di lui con molto rispetto. Il Cardinale Decano, però, dovette adoperarsi molto per rimuovere le numerose resistenze che il Sacro Collegio aveva sulla persona di un non porporato. Alla fine, dopo ben 27 mesi, emerse dal Conclave, all'unanimità, il nome di Pietro Angelerio del Morrone; era il 5 luglio 1294. L'elezione unanime da parte del Sacro Collegio di un semplice monaco eremita, completamente privo di esperienza di governo e totalmente estraneo alle problematiche della Santa Sede, può forse essere spiegato dal proposito attendista di tacitare l'opinione pubblica e le monarchie più potenti d'Europa, vista l'impossibilità di eleggere un porporato su cui tutti fossero d'accordo. La notizia dell'elezione gli fu recata da tre vescovi, nella grotta sui monti della Maiella, dove il monaco risiedeva. Sorpreso dall'inaspettata notizia, il monaco, forse anche intimorito dalla potenza della carica, inizialmente oppose un netto rifiuto che, successivamente, si trasformò in un'accettazione alquanto riluttante, avanzata certamente soltanto per dovere d'obbedienza. Appena diffusa la notizia dell'elezione del nuovo Pontefice, Carlo d'Angiò si mosse immediatamente da Napoli e fu il primo a raggiungere il religioso. In sella a un asino tenuto per le briglie dallo stesso Re e scortato dal corteo reale, Pietro si recò nella città di Aquila (oggi L'Aquila), dove aveva convocato tutto il Sacro Collegio. Qui, nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio, fu incoronato il 29 agosto 1294 con il nome di Celestino V. Uno dei primi atti ufficiali fu l'emissione della cosiddetta Bolla del Perdono, bolla che elargisce l'indulgenza plenaria a tutti coloro che confessati e pentiti dei propri peccati si rechino nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, nella città dell'Aquila, dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29. Fu così istituita la Perdonanza, celebrazione religiosa che anticipò di sei anni il primo Giubileo del 1300, ancora oggi tenuta nel capoluogo abruzzese. In pratica, Celestino V istituì a Collemaggio un prototipo del Giubileo, e forse sia lui sia Bonifacio si ispirarono alla leggenda della "Indulgenza dei Cent'Anni" di cui si avevano testimonianze risalenti a Innocenzo III. Poi il rifiuto: Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità di questa plebe, al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all'onere e all'onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale. Ottorino Gurgo ci parla di Celestino V e gli Spirituali. Dalle profezie di Gioacchino da Fiore alle dieci illuminazioni. Il Papa delle profezie e i suoi rapporti con la setta degli Spirituali: un pontefice che continua a far parlare di sé a distanza di settecento anni. Celestino ha scandalizzato Dante, commosso Silone, esaltato Dario Fo, ispirato il movimento mondiale della New Age. Celestino non sembra avere pace e noi con lui. Le sue spoglie, trafugate ancora nel recente 1988 e restituite dopo pochi giorni, il suo cranio attraversato da un foro, scoperto nel 1888, che ancora fa discutere. Ecco la storia dell'inventore del Giubileo, costretto a fuggire, a piedi, a ottanta anni, lungo i tratturi fino a Vieste, alla ricerca di un impossibile imbarco per l'Oriente. Braccato, imprigionato e ucciso forse... e poi fatto santo... Solo grazie a lui è giunta fino a noi la voce di Angelo Clareno; un misterioso frate esiliato in Tessalia, che là tradusse e importò testi come la Scala del Paradiso di Giovani Climaco. Autore delle Septem Tribolationes, Clareno ha giudato la setta dei francescani Spirituali e ha cercato la Ecclesia Spiritualis di Giocchino da Fiore. Forse la trovò, sul Fiastrone, nei tormentati luoghi della Sibilla Appenninica, vicino al lago di Pilato: un lago a forma d'occhi, che si colorano periodicamente di rosso. Qui negromanti, d'ogni epoca, consacrarono talismani. E tra questi Cecco d'Ascoli, autore dell'Acerba e morto sul Rogo. Una Ecclesia Spiritualis quella di Clareno, simile ai Paradisi del Libero Spirito di Margherita Porete? Simile ai paradisi della Sibilla, abitati di fate secondo la gente? Mille i torrenti sotterranei che attraversano la storia della spiritualità cristiana, ma essi si incontrano e si incrociano a un punto: Celestino V. Egli non sembra avere pace e noi con lui. Chissà cosa voleva dirci e se lo abbiamo veramente capito. Per ciò che riguarda il gran rifiuto, gli storici hanno poi dimostrato che tale formula era già stata utilizzata nelle Decretali da Innocenzo III per le rinunce episcopali, mentre altri hanno ipotizzato che una bolla pontificia, contenente tutte le giustificazioni per un'abdicazione del Papa, fosse stata compilata ad hoc proprio dal cardinal Caetani, il quale, vista l'impossibilità di controllare il Papa come aveva auspicato, impedito in questo da Carlo d'Angiò, intravedeva in questa vicenda la possibilità di ascendere egli stesso al soglio pontificio con notevole anticipo sui tempi che egli aveva preventivato al momento in cui aveva aderito all'elezione di Pietro da Morrone. Di fatto l'unica fonte storicamente certa del sommario contenuto della bolla celestiniana rimane ad oggi la decretale Quoniam aliqui inserita nel Liber Sextus per volontà del suo successore Bonifacio VIII. Undici giorni dopo le sue dimissioni, infatti, il Conclave, riunito a Napoli in Castel Nuovo, elesse il nuovo papa nella persona del cardinal Benedetto Caetani, laziale di Anagni. Aveva 64 anni circa ed assunse il nome di Bonifacio VIII. Caetani, che aveva aiutato Celestino V nel suo intento di dimettersi, temendo uno scisma da parte dei cardinali filo-francesi a lui contrari mediante la rimessa in trono di Celestino, diede disposizioni affinché l'anziano monaco fosse messo sotto controllo, per evitare un rapimento da parte dei suoi nemici. Celestino, venuto a conoscenza della decisione del nuovo papa grazie ad alcuni tra i suoi fedeli cardinali da lui precedentemente nominati, tentò una fuga verso oriente fuggendo da San Germano per raggiungere la sua cella sul Morrone e poi Vieste sul Gargano, per tentare l'imbarco per la Grecia, ma il 16 maggio 1295 fu catturato presso Santa Maria di Merino da Guglielmo Stendardo II, connestabile del regno di Napoli, figlio del celebre Guglielmo Stendardo, detto "Uomo di Sangue". Celestino tentò invano ancora una volta di farsi ascoltare dal Caetani chiedendo di lasciarlo partire, ma il Caetani restò fermo sulle sue decisioni al riguardo. Gli storici narrano che Celestino si rese conto dell'inutilità delle sue richieste e mentre veniva portato via sussurrò una frase rivolta al Caetani che sembrò essere un presagio: « Intrabis ut vulpes, regnabis ut leo, morieris ut canis » « Hai ottenuto il Papato come una volpe, regnerai come un leone, morirai come un cane » Raggiunto dai soldati, questi lo rinchiusero nella rocca di Fumone, in Ciociaria, castello nei territori dei Caetani e di diretta proprietà del nuovo Papa; qui il vecchio Pietro morì il 19 maggio 1296, fortemente debilitato dalla deportazione e dalla successiva prigionia: la versione ufficiale sostiene che l'anziano uomo sia morto dopo aver recitato, stanchissimo, l'ultima messa. A proposito della morte si sparsero subito voci e accuse. Anche se la teoria secondo la quale Bonifacio ne avrebbe ordinato l'assassinio fosse priva di fondamento, di fatto il Papa ne ordinò la segregazione che, in qualche modo, lo portò a morte. Il cranio di Celestino presenta un "foro" che, secondo alcuni, potrebbe essere la conseguenza di un ascesso di sangue. Due perizie sulla salma datate 1313 e 1888 rilevarono la presenza di un foro corrispondente a quello producibile da un chiodo di dieci centimetri, Bonifacio portò il lutto per la morte del predecessore, caso unico tra i papi, celebrò una messa pubblica in suffragio per la sua anima e diede inizio, poco dopo, al processo di canonizzazione. Il 5 maggio 1313, fu canonizzato da papa Clemente V, a seguito di sollecitazione da parte del re di Francia Filippo il Bello e da forte acclamazione di popolo, accelerando moltissimo l'iter avviato da Bonifacio. Tuttavia Clemente V non lo canonizzò quale martire, come avrebbe voluto Filippo il Bello, ma come confessore. Fu sepolto nei pressi di Ferentino, nella chiesa di Sant'Antonio sita nell'abbazia celestina che dipendeva dalla casa madre di Santo Spirito del Morrone. Nel febbraio 1317,[26] le spoglie furono traslate a L'Aquila, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove era stato incoronato Papa. Sulla data e sulle modalità di traslazione delle spoglie vi sono tuttavia altre versioni. Il 18 aprile 1988 la salma di Celestino V fu rubata. Due giorni dopo, venne ritrovata nel cimitero di Cornelle e Roccapassa, frazioni del comune di Amatrice. Non si sono mai scoperti i mandanti o gli esecutori. A seguito del terremoto dell'Aquila del 2009, il crollo della volta della basilica ha provocato il seppellimento della teca con le spoglie, recuperate poi dai Vigili del Fuoco, dalla Protezione Civile e con la collaborazione della Guardia di Finanza.

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