venerdì 24 gennaio 2014

Internet dono di Dio

Il Pontefice riconosce limiti e difetti, ma esalta il web: "Offre occasioni di incontro e solidarietà: non temete di diventare cittadini digitali" - Sabrina Cottone - Per chi ancora avesse dubbi, ecco l'imprimatur: internet è un dono di Dio. «Internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio» scrive Papa Francesco nel suo messaggio per la 48esima giornata mondiale delle Comunicazioni sociali.Un modo dirompente per esprimere la familiarità tra la Chiesa e la Rete che è realtà consolidata. Già Benedetto XVI aveva parlato di internet come «vero dono per l'umanità» e deciso di debuttare su Twitter. Francesco fa un altro balzo: i doni della rete sono doni di Dio. «Non abbiate timore di farvi cittadini digitali» dice ai comunicatori il Papa comunicatore, che ha superato gli undici milioni di seguaci su Twitter. «Anche grazie alla rete il messaggio cristiano può viaggiare fino ai confini della terra». L'ospedale da campo che vuole il Papa funziona anche on line: «Aprire le porte delle Chiese significa anche aprirle nell'ambiente digitale». Dietro ogni connessione, nascosta nel wi-fi, c'è una persona. La rete è una strada «perché la gente entri, in qualunque condizione di vita si trovi». La Chiesa è «casa di tutti». Internet può aiutare anche a ridurre le divisioni che permangono nell'umanità. Nel mondo «vediamo la scandalosa distanza tra il lusso dei più ricchi e la miseria dei più poveri». Ma la vicinanza che offre la rete, la facilità nel raggiungersi e parlarsi, questo «mondo che sta diventando sempre più piccolo», portano con sé potenzialità di bene. E le istruzioni per maneggiare il dono di Dio sono cercare «maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti». Incontri reali, non virtuali. Tra i tweet e i post si annidano limiti, insidie da schivare. «Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino. Senza dimenticare che chi non ha accesso ai media sociali, rischia di essere escluso». E poi «la velocità dell'informazione supera la nostra capacità di riflessione e giudizio e non permette un'espressione di sé misurata e corretta». Le influenze di «determinati interessi politici ed economici». Ma ciò non significa rifiutare i media. Solo trovare ricette per farne buon uso: «Recuperare un certo senso di lentezza e di calma», «essere pazienti se vogliamo capire chi è diverso da noi». Trovare spazi per elaborare gli input, a volte eccessivi e confusionari, della rete. Qualche ragione di ottimismo arriva da una ricerca dell'Istituto Toniolo sui giovani tra i 18 e i 29 anni, rilanciata dalla Diocesi di Milano (che di recente ha organizzato corsi di internet per le parrocchie). Tra i nativi digitali, cresciuti in mezzo a computer, telefonini e tablet, è diffusa l'attenzione alle fonti. «Benché utilizzino Facebook e Twitter per discutere temi di attualità, i giovani non si affidano ai social network per la formazione della propria opinione politica» spiega la ricerca. A sorpresa, tra tanti che profetizzano la morte della carta stampata, i giovani assegnano un alto indice di autorevolezza ai quotidiani cartacei. Se al primo posto della classifica, con il 40,6%, indicano i siti di informazione on line (per la possibilità di confrontare più fonti), al secondo posto - e a distanza ravvicinata - arrivano proprio i quotidiani (39,4). Seguono i telegiornali (35,6) e i programmi radiofonici (32,9). Nettamente distanziati i dibattiti televisivi (15,4). In fondo alla lista i blog (14,1) e i social network (11,6%). Navigare con il timone.